RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

        1. L'articolo 1, comma 2, del disegno di legge in esame fissa i princìpi e criteri direttivi per l'esercizio di una delega al Governo in materia di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti. Il disegno di legge prevede che con successivi decreti legislativi attuativi si proceda a:

            a) definire i criteri e le modalità di accertamento e di valutazione della condizione di non autosufficienza;

            b) definire i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria da garantire, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, alle persone non autosufficienti;

            c) definire le modalità di attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e l'utilizzo del Fondo per le non autosufficienze;

            d) definire i princìpi e le modalità di compartecipazione da parte degli assistiti al costo delle prestazioni per la componente sociale;

            e) definire il sistema di monitoraggio e di valutazione degli interventi sociali e socio-sanitari in favore delle persone non autosufficienti.

        Con riferimento alla lettera a), al numero 3) si prevede che l'accertamento della condizione di non autosufficienza avvenga attraverso strumenti di valutazione multidimensionale e sia effettuato da unità di valutazione multidisciplinari. A questo proposito si sottolinea che il suddetto accertamento ad opera di gruppi multidisciplinari costituisce già un obbligo per le aziende sanitarie locali ai fini della definizione del percorso assistenziale di anziani e disabili e che tutte le regioni hanno adottato atti normativi per disciplinare la loro costituzione e le modalità di funzionamento. In particolare, l'articolo 52, comma 4, lettera b), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, prevede che tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ai fini dell'adeguamento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, sia ricompresa anche «l'adozione dei criteri e delle modalità per l'erogazione delle prestazioni che non soddisfano il principio dell'appropriatezza organizzativa e di economicità nella utilizzazione delle risorse». L'Accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 1o luglio 2004 (Repertorio atti n. 2035), in attuazione della suddetta disposizione, include tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni «l'adozione di strumenti formali di valutazione multidimensionale

 

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dell'anziano e del disabile». Gli oneri conseguenti a tale adempimento sono a carico delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale. Solo una preliminare valutazione multidimensionale dei bisogni sanitari e assistenziali degli assistiti consente di attivare interventi appropriati (in termini di complessità, intensità e durata) rispetto alle effettive necessità e di evitare diseconomie nell'impiego delle risorse. La quasi totalità delle regioni ha provveduto a dare adempimento all'accordo con delibera della giunta regionale. Peraltro, fin dal 2005, in sede di verifica dell'effettiva erogazione dei livelli essenziali di assistenza ai fini dell'accesso al maggior finanziamento di cui all'articolo 1, comma 173, della legge n. 311 del 2004 e all'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza accerta che le regioni abbiano adempiuto all'obbligo di istituire le suddette unità di valutazione e trasmette le relative certificazioni al Ministero dell'economia e delle finanze.
        Alla lettera b), vengono definiti i livelli essenziali delle prestazioni. Si prevede in particolare: la costituzione di punti unici di accesso che agevolino e semplifichino l'accesso alle diverse prestazioni disponibili per le persone non autosufficienti sul territorio; la definizione di modalità di presa in carico attraverso piani personalizzati di assistenza; la determinazione, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, per le quali è prevista la ripartizione dei costi tra il Servizio sanitario nazionale e i comuni, con l'eventuale compartecipazione dell'assistito; la definizione di standard qualitativi e quantitativi, da recepire anche nei criteri di autorizzazione e di accreditamento e nei profili professionali delle figure professionali sociali.
        Va a questo proposito precisato che le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale trovano già oggi, a differenza di tutti gli altri livelli essenziali qui individuati, una loro definizione nell'ordinamento nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza sanitaria indicati nella tabella di cui all'allegato 1.C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, che definisce, oltre alle prestazioni ad elevata integrazione socio-sanitaria, a totale carico del Servizio sanitario nazionale, anche le prestazioni i cui costi sono sostenuti dal Servizio sanitario nazionale solo per una quota parte, convenzionalmente definita in relazione all'impegno medio di risorse sanitarie impegnate. La loro ridefinizione in base all'intensità, complessità e durata dell'assistenza rappresenta quindi solo una diversa modalità di rappresentazione dell'attività attualmente svolta dai servizi e dalle strutture del Servizio sanitario nazionale, utile a evidenziare le diverse caratteristiche dell'attività stessa e a consentire, per un verso, di indirizzare i pazienti verso il percorso assistenziale più appropriato rispetto ai loro bisogni assistenziali e, per altro verso, a rilevare più puntualmente le prestazioni erogate. Tale diversa modalità di rappresentazione dell'attività sarà assunta, peraltro, nel provvedimento di revisione dei livelli essenziali di assistenza, di prossima emanazione, destinato ad essere sostituito, in futuro, dal
 

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decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare ai sensi del presente disegno di legge.
        Quanto ai livelli essenziali diversi dalle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, inclusi i punti unici di accesso e la presa in carico con piani personalizzati di assistenza, la previsione dei decreti attuativi non troverà immediata applicazione nella sua pienezza, ma verrà individuato un percorso di graduale raggiungimento di tali livelli. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui al comma 2, lettera b), numero 4), che definisce contestualmente le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e quelle sanitarie a rilevanza sociale, andrà comunque adottato previa ricognizione delle risorse che le regioni, gli enti locali e il Servizio sanitario nazionale destinano a tali fini in via aggiuntiva rispetto al Fondo per le non autosufficienze, di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il complesso di tali risorse costituisce la cornice finanziaria all'interno della quale potrà essere adottato il piano biennale, di cui alla lettera c), numero 1), che individua la progressione graduale nel raggiungimento dei livelli essenziali diversi dalle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale. In altri termini, quanto previsto nell'esercizio della delega con riferimento alla lettera b) costituirà un obiettivo da raggiungere in un percorso programmato, mentre i livelli che potranno essere garantiti in ciascun anno dipenderanno dalle risorse complessivamente ed effettivamente disponibili, come previsto alla lettera c). Si può cioè dire che i livelli essenziali per la parte non sanitaria sono definiti a regime secondo le indicazioni di cui alla lettera b), ma vanno attuati secondo le indicazioni di cui alla lettera c) e cioè in maniera graduale e nell'ambito della copertura finanziaria stabilita dalla dotazione del Fondo per le non autosufficienze determinata con la legge finanziaria oltre che dalla ricognizione delle risorse che risultano allo scopo destinate dalle regioni e dai comuni.
        Va anche sottolineato che, data la diversa situazione di partenza delle regioni nella realizzazione di servizi e interventi a favore delle persone non autosufficienti, potranno essere previste velocità diverse nel raggiungimento dei livelli nell'ambito del quadro definito alla lettera b), con riferimento alle prestazioni diverse da quelle sanitarie a rilevanza sociale. Alla lettera c), numero 5), infatti, si prevede che nel riparto del Fondo si tenga conto di quote dello stesso da destinare al fine di garantire l'uniformità sul territorio data la diversa situazione regionale di partenza; in altri termini, risorse destinate a far crescere più velocemente chi sta più indietro, e allo stesso tempo di quote del Fondo da destinare al raggiungimento di obiettivi specifici regionali, sempre nell'ambito del quadro definito alla lettera b).

        Ai sensi della lettera c), numero 4), il Fondo finanzierà anche la costituzione di un sistema informativo degli interventi di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti (SINA), di cui alla lettera e), numero 1), mediante opportuna individuazione delle risorse in sede di riparto. La costituzione di un sistema informativo nazionale è intimamente connessa alla stessa definizione dei livelli essenziali, essendo l'unica modalità di verifica a livello dello Stato centrale circa l'attuazione dei livelli essenziali. Come è noto, infatti, nell'attuale quadro costituzionale, allo Stato compete solo definire i livelli, mentre l'organizzazione e l'erogazione delle prestazioni spettano alla competenza
 

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delle regioni e delle autonomie locali. Sistemi informativi regionali sono già andati sviluppandosi negli anni; anche in questo caso, quindi, sarà opportuna una ricognizione dei sistemi informativi esistenti, dovendosi stabilire modalità di colloquio tra il sistema regionale e il costituendo sistema nazionale. I costi per la predisposizione del SINA sono necessari, oltre che per far fronte alla suddetta ricognizione dei sistemi informativi regionali e delle informazioni da essi raccolte, per gli adeguamenti infrastrutturali relativamente alle componenti software e hardware necessarie per rendere operativo il sistema, per l'identificazione e la realizzazione delle modalità di colloquio e di trasmissione dei dati con i sistemi informativi regionali stessi, oltre che con il sistema informativo dell'ISEE, con il Nuovo sistema informativo sanitario e con il sistema informativo dei servizi sociali ai sensi della lettera e), numeri 2) e 3), per l'elaborazione dei dati elementari raccolti ai fini del monitoraggio e della valutazione ai sensi della medesima lettera e), numeri 4) e 5). Proprio per l'esistenza di sistemi già operativi a livello regionale e nazionale è presumibile che i costi per il funzionamento del SINA possano essere contenuti inizialmente entro la cifra di 1 milione di euro l'anno, come peraltro già stabilito in sede di primo riparto del Fondo per le non autosufficienze nel 2007, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Inoltre, una volta attivate le modalità di colloquio tra i sistemi e istituito un regolare flusso di informazioni per via telematica, i costi in breve tempo potranno ridursi sensibilmente, visto che con ogni probabilità le informazioni da trasmettere sono già raccolte al livello locale. Va rilevato in ogni caso che i costi relativi al SINA sono limitati allo stato agli anni 2008 e 2009, poiché il sistema informativo è riferito [lettera c), numero 1)] agli interventi previsti nel piano biennale e non sono previsti quindi oneri con riguardo agli anni successivi.

        Alla lettera d) del comma 2 sono stabiliti i princìpi e le modalità per la richiesta dell'eventuale compartecipazione al costo delle prestazioni, con riferimento alla loro componente sociale. Quanto previsto a questa lettera va considerato congiuntamente alla previsione di cui alla lettera c), numero 3), in quanto nella fase di graduale raggiungimento dei livelli essenziali anche le regole della compartecipazione potranno progressivamente adeguarsi a quanto previsto nella situazione a regime. Si riafferma comunque un principio generale stabilito con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni, per il quale l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) è lo strumento con cui si effettua la prova dei mezzi qualora sia prevista una compartecipazione al costo delle prestazioni socio-assistenziali. La disciplina istitutiva dell'ISEE, come modificata dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, prevede all'articolo 3, comma 2-ter, che le disposizioni generali sull'ISEE trovino un limite proprio nelle prestazioni rivolte a persone non autosufficienti, rimandando a un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la disciplina di tale limite da adottare «al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito». Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non
 

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è stato mai adottato, e da ciò è derivato un significativo contenzioso in sede giurisdizionale, essendovi state pronunce non univoche sull'applicabilità del riferimento al solo assistito in assenza della norma secondaria prevista dalla legge. Vi sono state sentenze che hanno previsto la possibilità, mediante il meccanismo della rivalsa ai sensi dell'articolo 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, di estendere anche oltre il nucleo ISEE standard il novero delle persone chiamate a partecipare alla spesa, ricomprendendo nell'obbligo l'insieme delle persone tenute agli alimenti ai sensi dell'articolo 433 del codice civile. Sentenze più recenti, invece, hanno ritenuto immediatamente applicabile il principio dell'evidenziazione della situazione economica del solo assistito, restringendo quindi il nucleo al singolo beneficiario della prestazione e generando confusione sulle modalità di partecipazione alla spesa da parte degli utenti delle prestazioni oggetto del provvedimento in esame. La delega chiarisce questo aspetto indicando, alla lettera d), numero 2), che l'ISEE, possibilmente rivisto anche nelle sue componenti economiche, deve fare riferimento alla situazione del solo assistito. Introduce inoltre un nuovo principio, per cui nel caso di donazioni da parte della persona non autosufficiente nei cinque anni antecedenti l'accertamento della condizione di non autosufficienza, queste rilevino nella determinazione della compartecipazione [lettera d), numero 4)]. Tale previsione appare più equa rispetto al meccanismo di rivalsa sopra illustrato - la cui ammissibilità è, si ripete, comunque controversa in questo campo - il punto essendo l'identificazione effettiva delle risorse economiche a cui il beneficiario può far riferimento. Inoltre, la previsione che le donazioni in prossimità dell'accertamento della condizione di non autosufficienza possano rilevare nella compartecipazione pone un freno a comportamenti opportunistici di cui vi è evidenza aneddotica. Ad ogni modo va segnalato che, nel periodo di graduale raggiungimento dei livelli essenziali, è previsto, ai sensi della lettera c), numero 4), che per le prestazioni residenziali non rivolte a disabili particolarmente gravi possano rilevare anche le condizioni economiche del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado, entro limiti definiti rispetto al loro reddito, ai loro carichi familiari e alla quota di compartecipazione richiesta. Tale previsione permette di mantenere la partecipazione alla spesa con riferimento ai parenti più stretti, ricomprendendo comunque la gran parte delle fattispecie oggi in vigore a livello locale, ma evitando che anche parenti più lontani siano chiamati a partecipare. L'insieme delle disposizioni permette di identificare chiaramente le persone tenute a partecipare alla spesa, direttamente o indirettamente, con riferimento alla componente sociale delle prestazioni qui disciplinate e pertanto andranno in coerenza modificate le previsioni di cui all'articolo 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580.
        Inoltre, con queste previsioni aggiuntive si concilia l'evidenziazione della situazione economica del solo assistito con l'altra finalità, già prevista dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni, del favorire la permanenza dell'assistito nel suo nucleo familiare, con notevoli risparmi rispetto alla presa in carico di carattere residenziale. Tali criteri non comportano di per sé oneri per la finanza pubblica, corrispondendo più che altro ad
 

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una razionalizzazione e ad una riconduzione a maggiore uniformità di pratiche molto differenziate sul territorio. In ogni caso, gli interventi di cui alla lettera d) sono anch'essi da ricomprendere nell'ambito della copertura finanziaria definita dal piano biennale, di cui alla lettera c), numero 1).

        2. L'articolo 2 (Delega al Governo per l'adeguamento del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) non reca oneri per l'erario. In particolare:

            1) le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 esprimono una norma di riordino e coordinamento;

            2) le disposizioni di cui alle lettere c) e d) del comma 1 comportano sostanzialmente la rimodulazione delle modalità di fruizione dei congedi, la cui durata complessiva resta invariata;

            3) le disposizioni di cui alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 1 hanno natura eminentemente ordinamentale, considerato che attribuiscono al lavoratore e alla lavoratrice prerogative inerenti agli aspetti giuridici e non economici del rapporto di lavoro (ripresa anticipata dell'attività lavorativa, possibilità di partecipazione a procedure concorsuali, divieto di licenziamento, possibilità di conversione del rapporto di lavoro).

        3. L'articolo 3 (Conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro) non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
        Difatti, con la disposizione in esame ci si propone, solo ed esclusivamente, di incidere sulle modalità con cui assegnare le risorse che sono già stanziate nell'ambito del Fondo per le politiche della famiglia, di cui all'articolo 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
        In sostanza, si tratta solo di aggiornare lo strumento di finanziamento adeguandolo alle esigenze dell'utenza, a parità di stanziamento. Anche qualora il numero di progetti finanziabili fosse tale da esaurire le risorse stanziate, una graduatoria degli stessi consentirebbe di soddisfare le richieste fino a concorrenza della somma messa in bilancio. Inoltre, e a conferma di ciò, la norma prevede che con normazione di fonte secondaria venga stabilito l'importo massimo finanziabile per ciascuna tipologia progettuale e la durata delle azioni progettuali.

        4. Come riportato nella relazione illustrativa, l'articolo 4 (Carta della famiglia) non reca oneri per l'erario per quanto attiene all'istituzione e al rilascio della carta. Difatti, la carta è rilasciata alle famiglie che ne facciano richiesta, previo pagamento dei costi di emissione.
        Per quanto attiene, invece, all'attività di promozione e diffusione, può stimarsi una spesa di 400.000 euro da reperire sul Fondo per le politiche della famiglia, che presenta la necessaria disponibilità, la cui ripartizione avviene, annualmente, con decreto del Ministro delle politiche per la famiglia.

 

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        5. L'articolo 5 prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, che rappresenta un'esigenza prioritaria connessa alla definizione e allo sviluppo di politiche di inclusione sociale per la promozione dei diritti delle persone con disabilità.
        Già la legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) aveva previsto, nella sua originaria formulazione, che il coordinamento delle amministrazioni coinvolte nell'attuazione dei princìpi in essa richiamati andasse attuato mediante un comitato nazionale che riunisse i rappresentanti dei Ministeri, delle regioni e delle autonomie locali, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di promozione e tutela delle persone con disabilità.
        In tal senso l'Italia, benché sia unanimemente annoverata tra i Paesi più avanzati nel campo della produzione normativa diretta all'affermazione dei diritti delle persone con disabilità, sconta tuttora la mancanza di un organismo istituzionale che possa assicurare con la necessaria continuità il confronto tra i diversi attori che, a tutti i livelli decisionali, sono chiamati ad elaborare e dare attuazione alle politiche in favore delle persone con disabilità. Un organismo che possa anche dare concreta ed effettiva attuazione al principio dell'integrazione di tutte le politiche e i provvedimenti che possano riguardare la condizione di disabilità.
        Tali esigenze appaiono oggi ulteriormente rafforzate alla luce della recente Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 e sottoscritta dal Governo italiano il 30 marzo 2007.
        Questo importante strumento internazionale individua nuovi percorsi per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità per accrescere, in particolare, l'inclusione sociale e la diretta partecipazione di tutte le persone con disabilità in relazione alle abilità di ciascuno. Dal recepimento della Convenzione deriva, in particolare, l'obbligo di garantire il monitoraggio dell'applicazione della stessa: si prevede che gli Stati istituiscano un organismo che sia in grado di facilitare le azioni occorrenti all'applicazione dei singoli princìpi sanciti dalla Convenzione. Inoltre, per espressa previsione, è richiesto che le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative siano pienamente coinvolte nel processo di monitoraggio (articolo 33). La norma in esame dispone che l'Osservatorio assolva a questo compito.
        Inoltre, tra le attività che dovranno essere assicurate dall'Osservatorio, va evidenziata quella relativa alla raccolta dei dati statistici e di ricerca che la Convenzione (articolo 31) espressamente richiede agli Stati allo scopo di poter formulare e attuare più efficacemente politiche e interventi a sostegno delle persone con disabilità.
        Sulla base delle considerazioni innanzi esposte, la norma attribuisce all'Osservatorio i seguenti compiti:

            a) predisporre un programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale;

 

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            b) predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità ai sensi dell'articolo 41, comma 8, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

            c) promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali;

            d) promuovere l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'articolo 35 della stessa Convenzione;

            e) promuovere la realizzazione di studi e di ricerche che possano contribuire a individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità.

        Relativamente al numero massimo di componenti, va considerato che la disabilità rappresenta una condizione che interessa, in modo assolutamente trasversale, le competenze di numerose amministrazioni operanti su diversi livelli territoriali. Ad esse devono aggiungersi gli istituti di previdenza, l'Istituto nazionale di statistica, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, le associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e le organizzazioni operanti nel Terzo settore. In ragione di tale ampio coinvolgimento degli attori in gioco si ritiene coerente fissare in quaranta il numero massimo dei componenti, compresi cinque esperti di comprovata competenza nel settore della disabilità nominati dal Ministro della solidarietà sociale. Peraltro, non sono previsti compensi per i componenti dell'Osservatorio.
        In relazione agli oneri finanziari derivanti dal funzionamento dell'Osservatorio, si fa presente che essi risultano essere sensibilmente inferiori a quelli attualmente previsti per analoghi organismi collegiali e che appaiono il minimo necessario per assicurare i compiti che gli sono assegnati dalla norma in esame. Si tenga conto che esistono intere aree di indagine - ad esempio, il numero dei minori disabili oppure il numero di persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 - attualmente scoperte dalla rilevazione statistica e di cui andrà promossa la raccolta. Peraltro, nel caso di specie, occorre considerare che le attività di un organismo che riunisce persone con disabilità richiedono necessariamente l'utilizzo di tecnologie e ausili specifici per consentire la piena partecipazione di tutti i componenti in relazione alle prevedibili limitate abilità (ad esempio, traduzione nella lingua dei segni, sottotitolazione in diretta a mezzo di stenotipia eccetera).
        Al funzionamento dell'Osservatorio è destinato uno stanziamento annuo di 500.000 euro, a decorrere dall'anno 2008, mediante corrispondente riduzione sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

        6. L'articolo 6 reca l'istituzione del Fondo per la lotta contro le povertà estreme.

 

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        La finalità della norma è il potenziamento degli interventi di assistenza in favore delle persone che vivono in condizioni di estrema marginalità. È questa un'urgenza primaria nel quadro delle politiche per la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, atteso il crescente numero di persone che si trovano a vivere, particolarmente nelle aree metropolitane, in gravi condizioni di marginalità e registrata la scarsa attenzione riservata fino ad oggi a tale fenomeno. Gli interventi che potranno essere attuati mediante le risorse del Fondo permettono di fornire una prima risposta alla necessità di garantire una presa in carico delle persone in posizione di grave emarginazione al fine di garantire i loro diritti sociali - e quindi di attuare le prescrizioni costituzionali in materia di livelli essenziali delle prestazioni (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione) - allo stesso tempo agendo per la prevenzione di possibili percorsi di caduta nei circuiti dell'illegalità.
        Le risorse attualmente disponibili per queste finalità sono estremamente limitate. Si ricordi che per i soli interventi urgenti a favore delle situazioni di povertà estrema la legge 8 novembre 2000, n. 328, all'articolo 28, aveva individuato uno stanziamento dell'ammontare di 20 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001 e 2002. La mancata definizione di livelli essenziali in materia ha impedito, nel mutato quadro di competenze istituzionali con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, il rifinanziamento di tali interventi in un quadro di programmazione che uscisse dall'urgenza, che comunque è rimasta tale. Un confronto con la situazione comunitaria è da questo punto di vista indicativo del ritardo del nostro Paese: l'Italia è il Paese che spende meno di tutti nell'Unione europea per misure di lotta all'esclusione sociale - nemmeno lo 0,1 per cento del prodotto interno lordo (PIL) - a fronte di una media comunitaria che è pari allo 0,4 per cento del PIL. È evidente quindi che il Fondo, nella sua dimensione attuale, non può che essere solo una prima risposta alle esigenze più pressanti con riferimento alla prima accoglienza, al ripristino di condizioni primarie di dignità della persona, all'accompagnamento e al reinserimento sociale delle persone in condizione di grave emarginazione, interventi che a regime richiederanno un investimento ben più consistente per poter raggiungere adeguatamente un maggior numero di beneficiari.
        Il Fondo è distribuito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. È comunque prevista, data la particolare rilevanza degli interventi in esame nelle grandi aree metropolitane del Paese, una riserva pari a metà degli stanziamenti del Fondo a favore delle città già individuate dalla legge n. 285 del 1997. In tali aree occorre garantire un profondo rilancio in particolare per promuovere programmi finalizzati ad evitare forme di degrado nelle periferie e nei quartieri sensibili, affinché attraverso la prevenzione si costruisca una nuova sicurezza, articolata in azioni di controllo del territorio e in percorsi di inclusione sociale, e sostenuta da adeguate risorse finanziarie.
        La scarsa attenzione al fenomeno è dimostrata anche dall'assenza di dati. Ad esempio, quanto al numero di persone senza fissa dimora, gli unici dati disponibili risalgono al 2000 e sono contenuti in una ricerca quantitativa svolta a livello nazionale, che stimava in circa
 

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20.000 le persone senza dimora. Si tratta, evidentemente, di stime assolutamente inattendibili oggi e appare, quindi, necessario prevedere nell'ambito del programma di nuovi interventi, anche un'azione di indagine per disporre di dati più certi. È, inoltre, necessario un monitoraggio continuo degli interventi, al fine della valutazione della loro efficacia, ma anche per l'attivazione di un coordinamento tra le diverse esperienze locali attraverso la diffusione delle conoscenze e lo scambio delle buone prassi finalizzate al miglioramento della qualità degli interventi. Per facilitare questo coordinamento istituzionale e per migliorare la conoscenza delle situazioni di povertà estreme è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale un servizio di informazione, di promozione, di consulenza, di monitoraggio e di supporto tecnico. Le risorse attribuite a tale servizio ammontano a 500.000 euro. Tenuto conto della difficoltà dell'indagine statistica in questo settore, della necessità di costruire una banca dati nazionale per facilitare la raccolta omogenea delle informazioni sugli interventi realizzati al fine del monitoraggio e della valutazione oltre che dello scambio delle buone prassi, e tenuto conto anche della necessità di rafforzare la formazione degli operatori, data la peculiarità degli interventi, con programmi di supporto tecnico gestiti a livello centrale, le risorse previste dalla norma appaiono il minimo indispensabile per garantire apprezzabili funzioni in tali campi. Da questo punto di vista si possono prevedere, anche considerando solo il compenso per l'utilizzo delle risorse umane, non meno di 200.000 euro per le attività di analisi statistica e documentazione (corrispondenti in media al costo del lavoro annuale di due tecnici e di un quadro, oltre che di un dirigente per almeno una mensilità e un operatore per un semestre) e, analogamente, non meno di 200.000 euro per le attività di formazione e almeno 100.000 euro per le attività accessorie di fornitura di beni e servizi e per l'utilizzo di risorse materiali, nonché per eventuali attività editoriali di diffusione e promozione degli interventi. Per analoghe strutture la legge ha previsto in passato risorse molto superiori - ad esempio, 3 miliardi di lire per il servizio di cui all'articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 285.

        7. L'articolo 7 concerne l'istituzione del Fondo di solidarietà per i mutui destinati all'acquisto della prima casa, al fine di sostenere i cittadini in difficoltà temporanea nel pagamento delle rate di mutuo per la prima casa.
        In base ai dati della Banca d'Italia si evince che il numero probabile delle famiglie in difficoltà nel pagamento del mutuo sia attorno alle 10.000 unità. Poiché i costi di sospensione del contratto di mutuo sono pari a circa 500 euro per pratica, tra commissioni bancarie e atti notarili, ne discende la capienza del Fondo richiesta, indicata in 5 milioni di euro.

        8. L'articolo 8 prevede ulteriori norme in materia di politiche sociali.
        Il comma 1 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, perché si limita a chiarire un'ambiguità normativa, precisando che solo la parte del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza destinata alle città riservatarie è effettivamente scissa

 

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dal Fondo nazionale per le politiche sociali, altrimenti diventerebbe ambiguo a quali enti debbano essere destinati i 44,5 milioni di euro stanziati per l'anno 2008.
        Neanche il comma 2 (e i commi 3 e 4 collegati) comporta oneri aggiuntivi, perché si limita a prevedere la possibilità di anticipare una quota degli stanziamenti del Fondo nazionale delle politiche sociali, nell'ambito dello stesso anno di competenza, allo scopo di rendere più efficiente e tempestiva la gestione dei finanziamenti al Ministero della solidarietà sociale, alle regioni e alle province autonome.
        L'intervento serve, infatti, ad ovviare allo strutturale ritardo con il quale vengono trasferiti i fondi, ritardo indipendente dalla volontà dell'amministrazione, ma causato dalla necessità di attivare meccanismi di intesa e procedure di bilancio che fanno sì che gli enti non riescano ad ottenere i finanziamenti per l'anno in corso prima dell'autunno inoltrato, con conseguente urgenza d'impegnare le somme negli ultimi mesi dell'anno, difficoltà di programmare e conseguente caduta dell'efficacia e dell'efficienza della spesa pubblica.
        Il comma 5, modificando la tariffa della tassa sulle concessioni governative, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, come sostituita dalla tariffa di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, prevede in favore delle persone sorde una specifica esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa di euro 5,16 mensili per le utenze telefoniche cosiddette residenziali (family) e di euro 12,91 mensili per i contratti «affari». Il provvedimento in oggetto, pertanto, dispone un allargamento della platea dei beneficiari dell'esenzione ai sordi oltre che ai disabili invalidi in seguito alla perdita anatomica o funzionale di entrambi gli arti inferiori e ai non vedenti.
        Per ragioni prudenziali, si considerano, ai fini della stima, i soggetti sordi prelinguali o sordomuti. Per la legge italiana, si considera sordomuto il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura strettamente psichica o da causa di guerra, di lavoro o di servizio.
        Da indagini ISTAT i sordi prelinguali (sordomuti) risultano circa 92.000. Poiché il dato è riferito a tutte le classi di età, non escludendo quindi i bambini in età prescolare, si è ritenuto di considerare possibili fruitori dell'agevolazione l'80 per cento dei soggetti sopra indicati, ovvero circa 73.000 (fonte: ISTAT - Annuario statistico 2006).
        Considerando che la quasi totalità fruisca di contratti «family», si ritiene che il provvedimento possa generare una contrazione potenziale pari a circa 4,5 milioni di euro annui (73.000 x euro 5,16 x 12).
        Di tale ammontare, tuttavia, in base a dati forniti dagli operatori del settore, si considera soltanto il 10 per cento, dato che negli ultimi anni le schede prepagate hanno di fatto soppiantato quasi completamente i contratti «family».
        Pertanto, la contrazione di gettito, in termini di cassa e competenza, per le minori concessioni governative, sarà pari a circa 0,5 milioni di euro annui.
 

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        L'onere va coperto, ai sensi dell'articolo 9, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.
        Il comma 6 prevede uno stanziamento di 1,5 milioni di euro necessario per il rilancio delle attività dell'Istituto italiano di medicina sociale, uno dei tre enti strumentali dell'ex Ministero del lavoro e delle politiche sociali (gli altri sono l'ISFOL e la società Italia lavoro Spa passati al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e finanziati nel disegno di legge finanziaria 2008), la cui vigilanza è attribuita al Ministero della solidarietà sociale.
        Trattandosi dell'unico ente strumentale attribuito a tale Ministero è necessario un potenziamento delle risorse economiche al fine di consentire all'ente di provvedere, in modo ben più ampio rispetto all'attuale gestione, in considerazione della nuova funzione assunta, all'attività di ricerca, di consulenza strategica, di assistenza tecnica e di formazione in materia di politiche sociali, nonché di politiche formative e del lavoro di specifico interesse per il comparto sociale.

        L'ente, infatti, nella sua rinnovata funzione dovrà svolgere ricerche sui fenomeni sociali e istituzionali di particolare rilevanza per quanto attiene alle problematiche emergenti nei settori socio-sanitario, socio-assistenziale, socio-educativo, socio-lavorativo, effettuare analisi e valutazioni sull'impatto delle politiche pubbliche, nonché sull'attività del volontariato, del settore privato e privato-sociale nel campo del welfare, con particolare riguardo ai temi della responsabilità sociale d'impresa e dell'impresa sociale, compiere studi e analisi in materia di filiere formative, professionali e mercato del lavoro di interesse per il comparto sociale, fornire assistenza tecnica e consulenza strategica al Ministero della solidarietà sociale e alle pubbliche amministrazioni di livello nazionale, regionale, provinciale e comunale, collaborare con istituzioni ed enti pubblici, con le rappresentanze sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, con le università, con altre istituzioni scientifiche, enti, organismi e associazioni pubblici e privati (profit e non profit), su temi concernenti i propri compiti istituzionali, promuovere il trasferimento delle conoscenze anche attraverso l'organizzazione di convegni e seminari sui temi dell'inclusione sociale, del welfare, delle professioni e del lavoro sociale e, mediante la realizzazione di strumenti divulgativi di interesse sociale, svolgere e promuovere la formazione degli operatori sociali anche attraverso il conferimento di borse di studio e perfezionamento, favorire la produzione scientifica in campo sociale con proprie pubblicazioni, anche periodiche eccetera.
        Per tali nuove funzioni occorrerebbe un finanziamento ben più ampio di quello proposto, e la somma di 1,5 milioni di euro è appena sufficiente a coprire le spese per un numero minimo di ricerche, di pubblicazioni e di convegni.

        9. L'articolo 9 indica la copertura finanziaria delle misure di spesa per l'attuazione degli articoli 6, 7 e 8, pari a euro 17 milioni per

 

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ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 e a euro 2 milioni annui a decorrere dall'anno 2011, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.
 

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